nel 2001 diego petrini famoso calciatore deglia nni 70 ha pubblicato "nel fango del Dio pallone" (kaos edizioni)
Ne riporto un passo:
Nel gennaio del 1980 tra Bologna e Juventus si giocò una partita che meriterebbe una menzione speciale nel novero delle partito più discusse del calcio italiano. Alla fine del girone di andata di quella stagione la Juventus se la stava passando proprio male perchè navigava nei bassifondi della classifica di serie A. Per fare qualcosa la Juventus provò ad addomesticare la partita con il Bologna che aveva nella sua squadra grandi campioni disposti ad addomesticare le partite. Lo scandalo del marzo del 1980 lo avrebbe confermato. Carlo Petrini racconta come andarono le cose in quei giorni: "Il giovedì prima della partita il direttore sportivo del Bologna, Riccardo Sogliano, alla fine dell'allenamento ci radunò tutti nello spogliatoio - titolari e riserve - e ci disse: «Ci siamo messi d'accordo con la Juve per pareggiare la partita di domenica. E' chiaro per tutti?». Nessuno di noi giocatori ebbe niente da obiettare, cosi Sogliano se ne andò tutto soddisfatto: un favore del genere alla Juve poteva tornare molto comodo al Bologna, nel futuro... A quel punto parlò il nostro allenatore Perani, che ci propose di scommettere sul risultato di quella partita. Solo due giocatori si tirarono indietro, Renato Sali e Franco Castronaro: loro non vlevano partecipare a scommesse. Discutemmo con Perani la somma da puntare e si decise per 50 milioni. Mentre stavo lasciando lo spogliatoio per andare a telefonare la puntata a Cruciani, l'allenatore mi prese da parte e mi disse di aggiungere alla scommessa altri 5 milioni a nome suo, suoi personali. Dovetti telefonare a Cruciani varie volte: era dubbioso, non si fidava. Infatti mi disse che ultimamente aveva preso più di una fregatura: certi giocatori gli avevano promesso risultati che in campo non erano stati mantenuti, così lui ci aveva rimesso un mucchio di soldi. Si convinse solo quando gli dissi che gli accordi per il pareggio non li avevamo presi noi giocatori , ma i dirigenti delle due società. La prova di quello che dicevo, Cruciani la trovò nella Gazzetta dello Sport della domenica mattina: «Alla Juve basta un pareggio» dichiarava l'allenatore juventino
Trapattoni. Anche per noi giocatori era una garanzia il fatto che il pareggio fosse stato combinato dalle due dirigenze. Infatti nelle ore che precedettero la partita, cercammo altre strade per scommettere ancora e vincere più soldi. Colomba telefonò al suo amico Chiodi (un ex del Bologna passato al Milan) a Milanello, e gli chiese di scommettere per noi sulla piazza di Milano il pareggio di Bologna-Juve. Ricordo come fosse ieri, allo stadio Comunale imbiancato dalla neve caduta nella notte, i minuti che precedettero l'ingresso in campo. Io ero destinato alla panchina, quando uscii dagli spogliatoi incrociai
Trapattoni. Gli raccomandai il rispetto dell'accordo, e lui mi disse che potevamo stare tranquilli, che non c'era nessun problema. Con Trapattoni avevo giocato nel Milan e nel Varese, sapevo che era una persona seria. I miei compagni , nel sottopassaggio prima di entrare sul terreno di gioco, fecero lo stesso con alcuni giocatori juventini (che quel giorno erano: Zoff, Cuccureddu, Cabrini, Gentile, Brio, Scirea, Causio, Prandelli, Tavola, Bettega, Merocchino). Gli dissero che avevamo scommesso sul pari, uno di loro rispose: «Noi oggi non abbiamo scommesso, il colpo l'abbiamo fatto già due domeniche fa con l'Ascoli».Quando si concordavano i pareggi si puntava allo 0 a 0, proprio per evitare di trovarci in situazioni imbarazzanti o che il controllo del risultato potesse sfuggire di mano. Fu cosi anche per il primo tempo di quella partita combinata: il nostro primo tiro nella porta juventina lo facemmo al 35° minuto, e la Juve non fece niente di meglio. Il pubblico cominciò a protestare, sembrava una commedia più che una partita di calcio: alla fine del primo tempo arrivarono in campo fischi e palle di neve. Nella ripresa il nostro portiere Zinetti , totalmente deconcentrato, ne combinò una grossa: al 10° minuto, su un innocuo tiro da lontano di Causio (Vedi foto sopra), si impaperò e il pallone gli scivolò nella rete. In campo l'imbarazzo fu generale.
Causio, più dispiaciuto che contento per il gol, si avvicinò alla panchina e discusse con Trapattoni. Perani, preoccupato, mi fece entrare in campo. Nel giro di pochi minuti cominciammo a sospettare che alcuni giocatori della Juve non volessero più rispettare l'accordo, e che ormai - già che c'erano - puntassero a vincere la partita. La tensione in campo divenne alta, noi insultavamo gli juventini, che tacevano imbarazzati.
A un certo punto Bettega ci disse «Calmatevi, la responsabilità di farvi fare gol me la prendo io».
Meno di un quarto d'ora dopo la situazione venne risolta dagli stessi bianconeri: su calcio d'angolo di Dossena,
Brio ci regalò una bella autorete (Vedi foto sotto). Tutti a posto, tutti conntenti. Tutti meno il pubblico, che a fine garà ci saltò con bordate di fischi e con una pioggia di palle di neve.L'indomani, leggendo sui giornali la cronaca della partita, ce la ridemmo di gusto. Il Resto del Carlino scriveva: «Le due squadre erano così amiche che i bianconeri non hanno nemmeno protestato per un mani in area di Albinelli su tiro di Bettega... Qualcuno sussurra che le due squadre si sono messe d'accordo». E la Gazzetta dello Sport: «Sembrava che il Bologna collaborasse alla soluzione della crisi juventina... E' un pareggio che sembra tacitamente concordato. Piuttosto strano il comportamento di Causio subito dopo il gol, la sua esultanza è stata freddina».(...) L'ufficio inchieste della Federazione cominciò gli interrogatori. Capimmo che gli inquirenti della giustizia sportiva non erano interessati a sapere tutta la verità dei fatti: avevano fretta di chiudere la faccenda al più presto, volevano solo l'ammissione di qualche nome da dare in pasto all'opinione pubblica. In abase al regolamento federale, non dovevano dimostrare loro la nostra colpevolezza, dovevamo dimostrare noi la nostra innocenza. Ma noi eravamo convinti che bastasse tenere duro e negare tutto, anche noi volevamo che l'inchiesta si chiudesse in fretta. (...) Ai primi di maggio la Figc chiuse la sua inchiesta. Per la partita Bologna?Juventus del 13 gennaio venivo rinviato a giudizio insieme a Savoldi e Colomba, al presidente Fabretti e all'allenatore Perani. Processati anche il presidente della Juve Boniperti e l'allenatore Trapattoni. (...) Il turno di noi del Bologna arrivò il 23 maggio. Mi si avvicinò il presidente juventino Boniperti accompagnato dall'avvocato Chiusano. Disse che voleva parlarmi in disparte. Andammo nell'ufficio box della società bianconera all'interno della Federazione. A quel punto
Boniperti

mi disse: «Petrini, è nell'interesse di tutti - nostro ma anche suo - che domani Cruciani non venga in aula a testimoniare. Noi rischiamo la retrocessione in Serie B, ma lei rischia la radiazione. Bisogna rintracciare Cruciani e convincerlo a non presentarsi». Poi il presdiente juventino aggiunse: «Gli dica e gli prometta quello che vuole, ma lo convinca a non essere qui... Se lei darà una mano a noi, poi noi daremo una mano a lei». Non la feci tanto lunga, ero talmente solo e disperato che per avere una mano dalla Juve avrei fatto qualunque cosa. «Si sbrighi a trovarlo» concluse Boniperti, «ci sono pochissime ore di tempo. Gli dica pure che ha parlato con noi e gli prometta quello che vuole».Sabato 24 maggio 1980, il superteste Cruciani non si presentò in aula a testimoniare. Il magistrato sportivo Corrado De Biase, per Bologna-Juventus, chiese l'assoluzione delle due società per mancanza di prove, ma una squalifica di sei mesi per Sogliano, Savoldi e Petrini.Il Corriere della Sera del giorno successivo: "C'è un nuovo giallo che ha per protagonista Massimo Cruciani, uno dei due accusatori romani, la cui deposizione nella prima parte del processo ha compromesso la posizione di Paolo Rossi, squalificato per tre anni. Risulta che, nella notte tra venerdì e sabato, Cruciani avrebbe pernottato in un albergo del centro di Milano. Cruciani, quindi, sarebbe giunto da Roma a Milano per deporre davanti alla Commissione disciplinare relativamente alle tre partite in discussione, ma avrebbe poi sorprendentemente cambiato idea, decidendo di rientrare a Roma senza presentarsi nell'aula del tribunale calcistico. Aumentano quindi i sospetti su questa defezione dell'amico di Alvaro Trinca, il quale proprio davanti alla Commissione disciplinare ha ironizzato pesantemente sull'assenza di Cruciani". E La Gazzetta dello Sport, sulle richieste di condanna e assoluzione: "Sono richieste tali da lasciare profondamente sconcertato chiunque abbia seguito un po' da vicino questo maledetto e sporco imbroglio... La gente oggi si chiede anzitutto come mai i super-accusatori, i super-scommettitori Cruciani e Trinca, e i loro amici, vengano creduti come l'oracolo per certi episodi e vengano invece disattesi come bugiardoni patentati per certi altri. Ecco, si vorrebbe capire perché Cruciani e i suoi amici sono credibilissimi quando parlano di Paolo Rossi, tanto che basta la loro parola per infliggere a questo calciatore tre anni di squalifica; mentre credibili non lo sono più quando affermano di aver sentito dire da Petrini che la partita Bologna-Juve era stata già combinata per il pareggio".
1 a 1 tocca a te, nicola
