Crisi finanziaria:
Inviato: 27/09/2011, 18:53
Leggete.....con pazienza certosina....non scrivo io la reportistica ma il concetto è ben chiaro e ben espresso.
"A circa tre anni dall’inizio della crisi finanziaria globale, che ha avuto il suo epicentro negli Stati Uniti e si è poi propagata a tutto il mondo, possiamo dire che le azioni di supporto al sistema finanziario internazionale hanno esaurito il loro effetto. Ora potremmo essere all’inizio delle reali conseguenze di tale crisi, dato che tutti gli
strumenti disponibili per contrastarne gli effetti sono stati utilizzati e non c’è più spazio per ulteriori stimoli fiscali.
L’economia internazionale non sarebbe in grado di fronteggiare una recessione con l’attuale stock di debito in circolazione nel sistema e la spirale deflazionistica sarebbe devastante aprendo la strada a generalizzati default e dolorose ristrutturazioni di debito a livello mondiale (la Grecia sarebbe il male minore). Anche la BCE ha preso atto che non esistono “speranze” di avere inflazione e ha dovuto attuare una netta inversione di marcia nella politica monetaria. Dopo aver aumentato due volte i tassi si è imbarcata in una aggressiva politica di espansione monetaria e di fatto possiamo dire che attualmente in Europa si sta facendo quantitative easing con il sistematico acquisto di
BTP e Bonos. Il vero rischio della seconda fase di questa crisi è che si è spostato l’epicentro delle tensioni in Europa. Il problema principale è che l’area UE, a differenza degli USA, non ha un margine di manovra sufficiente per contrastare questa crisi per diversi motivi: 1) il mandato della Banca Centrale, 2) la mancanza di un governo unitario dell’economia e della politica fiscale, 3) un sistema bancario tuttora ad alto leverage. Tutto questo costituisce un elemento estremamente fragile che continua ad alimentare pressioni speculative incontenibili. I mercati finanziari hanno cominciato a considerare l’area UE come un sistema ancorato ad un peg e non come un
area economica integrata, le conseguenze di tale considerazione aprono scenari molto pericolosi, dato che i mercati hanno iniziato a chiedersi quali paesi potranno reggere il peg con l’Euro e chi potrà reggere le politiche fiscali restrittive richieste da mercati e policy makers. La situazione attuale sta avviando un circolo vizioso destinato a
produrre conseguenze molto negative. I mercati chiedono politiche fiscali credibili, le politiche fiscali credibili possono essere solo recessive, la recessione rende precarie le entrate fiscali e le politiche fiscali tornano ad essere quindi poco credibili. Quindi le conseguenze finali delle politiche fiscali richieste dai mercati finanziari sono
comunque negative. Il sistema finanziario Europeo è evidentemente a rischio ora più che mai poiché già all’inizio di Settembre il mercato interbancario dell’area Euro esprimeva una elevata tensione sulla liquidità, dato che la BCE assieme alla FED stanno fornendo liquidità illimitata alle banche europee. Una recessione in Europa avrebbe ora l’effetto di intensificare il deleveraging globale aumentando le pressioni deflazionistiche. Credo che le probabilità di assistere ad ulteriori azioni di quantitative easing da parte della FED siano molto alte ma non mi aspetto che tali
strumenti monetari possano risolvere l’attuale situazione internazionale. Il dato di fatto è che UE e Stati Uniti sono già in trappola della liquidità assieme al Giappone e le probabilità di Japanisation dell’economia occidentale sono estremamente elevate. Nelle condizioni attuali tutta la liquidità iniettata dalle Banche Centrali serve solo a sostenere il debito dei debitori più deboli mentre l ’eccedenza se ne va all’estero per acquistare asset nelle economie emergenti. Stando così le cose la trappola della liquidità diventa estremamente difficile da contrastare (come di fatto è accaduto in Giappone) perché in un mercato finanziario globale i capitali messi a disposizione del sistema se ne vanno altrove, dove le prospettive di redditività sono prospetticamente più alte e i debitori sono considerati più sicuri. A questo punto per i mercati
finanziari il rischio è dunque la deflazione e lo scenario si prospetta molto difficile per tutto quello che rientra nelle categorie di credito ed equity. Purtroppo nell’asset class definita come “credito” non ci sono più solo i corporates bonds perché attualmente anche i titoli di stato non godono piu’ dello status di risk free asset come in passato. Il fatto che tale status sia ormai compromesso accentua i problemi, perché il meccanismo di fly to quality si è fatto estremamente selettivo ed i paesi in difficoltà non possono beneficiare di un afflusso di capitali sui titoli di stato proprio quando il costo del debito
dovrebbe scendere, obbligando ad attuare dunque politiche fiscali molto più restrittive che accentuano il peggioramento del contesto economico finanziario globale. Si è messo in moto quindi il perverso meccanismo per il quale chi non salta ora, perché attua le politiche fiscali richieste, salta dopo che le ha attuate e ha provocato una recessione che rende difficile il riequilibrio della finanza pubblica. Oro, Bund e Treasuries hanno evidenziato in questi nove mesi del 2011 dove e perché i capitali mondiali sono in generale ritirata da tutte le asset class definite a rischio. Ora credo che siamo giunti ad un importante fase di questa crisi che potrebbe determinare un turning point o generare invece un pericoloso avvitamento. Non è interesse di nessuno assistere inermi al break up dell’area Euro perché questo evento avrebbe conseguenze mondiali e trascinerebbe nel caos gli Stati Uniti e di riflesso anche il resto del mondo. La recessione sarebbe una certezza ma il vero effetto conseguente sull’economia mondiale sarebbe la depressione da debito, i cui effetti durerebbero anni a venire. Credo dunque che siano iniziate consultazioni ad alto livello per prepararsi ad un intervento coordinato in caso di peggioramento della situazione. La Germania ha fatto capire alla comunità finanziaria mondiale di non essere disponibile a sostenere da sola il salvataggio dell’Europa. Tutti sono probabilmente interessati ad evitare il disastro e la situazione contingente potrebbe richiedere un credibile e poderoso intervento globale a sostegno dell’Europa. L’intervento potrebbe coinvolgere governi ed stituzioni finanziarie mondiali (Banche Centrali, Fondi Sovrani) con il coinvolgimento delle riserve Cinesi ed asiatiche. Non escludo la possibilità di una estensione della partecipazione al finanziamento dell’EFSF (European Financial Stability Fund) da tali istituzioni, aumentando di fatto la potenzialità d’intervento sui mercati e fornendo le risorse finanziarie per trilioni di Euro. L’impostazione dell’intervento avrebbe l’effetto di far capire che il mondo intero sta intervenendo a sostegno della UE e un intervento di tale entità e con un simile coordinamento avrebbe un impatto devastante sulla speculazione internazionale innescando un forte recupero di borse e credito. I costi di rifinanziamento del sistema scenderebbero drasticamente ed i premi di rischio che oggi banche e stati sovrani sono costretti a pagare sarebbero nettamente ridimensionato. La riduzione dei costi di rifinanziamento agevolerebbe i piani di risanamento a costi sopportabili perché i titoli di stato di molti paesi in difficoltà diventerebbero di
nuovo un quasi risk free asset. Il risultato di tale coordinamento aprirebbe una fase di accelerazione della convergenza fiscale dell’area Euro rendendo irreversibile il processo in corso e innescando una forte ricapitalizzazione di tutto il sistema bancario UE con la partecipazione dei capitali mondiali di Asia e Cina. Le banche UE sarebbero ricapitalizzate con la partecipazione dei Fondi Sovrani di Asia, Dubai, Arabia Saudita, Qatar, Emirati e via dicendo. Nessun paese dell’area UE potrebbe decidere di sottrarsi
all’integrazione ed al controllo della politica economica decentrata a Bruxelles perché il costo di tale rifiuto sarebbe non solo un default ma anche l’esclusione dal mercato dei capitali. La politica avrebbe la scusa di far digerire sacrifici in cambio di una reale protezione dal default e nuove regole di gestione della finanza pubblica sarebbero introdotte in modo rapido. Il processo di integrazione del sistema finanziario mondiale entrerebbe in una nuova fase storica e ripartirebbe il trend di convergenza della periferia UE verso la core Europe, con il conseguente restringimento degli spreads che andrebbe ad invertire il trend del costo del debito per i paesi periferici. Il sostegno finanziario mondiale all’Europa andrebbe ad innescare un forte rialzo delle borse, un incremento dell’attività di M&A a livello internazionale ed una ripresa dell’attività di lending e forse potremmo evitare la recessione imminente o affrontarla con una cintura di protezione abbastanza credibile. Questo intervento avrebbe certamente l’effetto di imprimere una svolta decisa alla crisi attuale e alla percezione del rischio degli investitori. La crescita dell’economia rimarrebbe comunque il problema di fondo ma almeno avremmo rimosso il rischio di un default globale ed il sistema finanziario internazionale avrebbe piu’ tempo a disposizione per proseguire il deleverage in modo ordinato. Una nuova era di disciplinata gestione della spesa pubblica e dei bilanci delle banche potrebbe essere dinnanzi a noi ma questo risultato dipende solo dalla visione strategica dei policy makers e della classe politica internazionale. L’attuale situazione impone quindi una revisione di alcune scelte strategiche attuate negli ultimi mesi e credo non sia più opportuno insistere su un asset allocation troppo bearish. Abbiamo iniziato quindi a ridurre le nostre posizioni su Oro e Bund in cambio di una prudente esposizione su DAX ed Emerging Market. Il timing degli avvenimenti descritti è incerto ma non ritengo al momento opportuno impostare una strategia d’investimento sul disastro globale. Sebbene esistano tutte le condizioni perché possa accadere il peggio esistono comunque ancora margini di manovra per evitarlo e credo che il recente peggioramento della situazione stia imponendo scelte politiche non più rinviabili."
"A circa tre anni dall’inizio della crisi finanziaria globale, che ha avuto il suo epicentro negli Stati Uniti e si è poi propagata a tutto il mondo, possiamo dire che le azioni di supporto al sistema finanziario internazionale hanno esaurito il loro effetto. Ora potremmo essere all’inizio delle reali conseguenze di tale crisi, dato che tutti gli
strumenti disponibili per contrastarne gli effetti sono stati utilizzati e non c’è più spazio per ulteriori stimoli fiscali.
L’economia internazionale non sarebbe in grado di fronteggiare una recessione con l’attuale stock di debito in circolazione nel sistema e la spirale deflazionistica sarebbe devastante aprendo la strada a generalizzati default e dolorose ristrutturazioni di debito a livello mondiale (la Grecia sarebbe il male minore). Anche la BCE ha preso atto che non esistono “speranze” di avere inflazione e ha dovuto attuare una netta inversione di marcia nella politica monetaria. Dopo aver aumentato due volte i tassi si è imbarcata in una aggressiva politica di espansione monetaria e di fatto possiamo dire che attualmente in Europa si sta facendo quantitative easing con il sistematico acquisto di
BTP e Bonos. Il vero rischio della seconda fase di questa crisi è che si è spostato l’epicentro delle tensioni in Europa. Il problema principale è che l’area UE, a differenza degli USA, non ha un margine di manovra sufficiente per contrastare questa crisi per diversi motivi: 1) il mandato della Banca Centrale, 2) la mancanza di un governo unitario dell’economia e della politica fiscale, 3) un sistema bancario tuttora ad alto leverage. Tutto questo costituisce un elemento estremamente fragile che continua ad alimentare pressioni speculative incontenibili. I mercati finanziari hanno cominciato a considerare l’area UE come un sistema ancorato ad un peg e non come un
area economica integrata, le conseguenze di tale considerazione aprono scenari molto pericolosi, dato che i mercati hanno iniziato a chiedersi quali paesi potranno reggere il peg con l’Euro e chi potrà reggere le politiche fiscali restrittive richieste da mercati e policy makers. La situazione attuale sta avviando un circolo vizioso destinato a
produrre conseguenze molto negative. I mercati chiedono politiche fiscali credibili, le politiche fiscali credibili possono essere solo recessive, la recessione rende precarie le entrate fiscali e le politiche fiscali tornano ad essere quindi poco credibili. Quindi le conseguenze finali delle politiche fiscali richieste dai mercati finanziari sono
comunque negative. Il sistema finanziario Europeo è evidentemente a rischio ora più che mai poiché già all’inizio di Settembre il mercato interbancario dell’area Euro esprimeva una elevata tensione sulla liquidità, dato che la BCE assieme alla FED stanno fornendo liquidità illimitata alle banche europee. Una recessione in Europa avrebbe ora l’effetto di intensificare il deleveraging globale aumentando le pressioni deflazionistiche. Credo che le probabilità di assistere ad ulteriori azioni di quantitative easing da parte della FED siano molto alte ma non mi aspetto che tali
strumenti monetari possano risolvere l’attuale situazione internazionale. Il dato di fatto è che UE e Stati Uniti sono già in trappola della liquidità assieme al Giappone e le probabilità di Japanisation dell’economia occidentale sono estremamente elevate. Nelle condizioni attuali tutta la liquidità iniettata dalle Banche Centrali serve solo a sostenere il debito dei debitori più deboli mentre l ’eccedenza se ne va all’estero per acquistare asset nelle economie emergenti. Stando così le cose la trappola della liquidità diventa estremamente difficile da contrastare (come di fatto è accaduto in Giappone) perché in un mercato finanziario globale i capitali messi a disposizione del sistema se ne vanno altrove, dove le prospettive di redditività sono prospetticamente più alte e i debitori sono considerati più sicuri. A questo punto per i mercati
finanziari il rischio è dunque la deflazione e lo scenario si prospetta molto difficile per tutto quello che rientra nelle categorie di credito ed equity. Purtroppo nell’asset class definita come “credito” non ci sono più solo i corporates bonds perché attualmente anche i titoli di stato non godono piu’ dello status di risk free asset come in passato. Il fatto che tale status sia ormai compromesso accentua i problemi, perché il meccanismo di fly to quality si è fatto estremamente selettivo ed i paesi in difficoltà non possono beneficiare di un afflusso di capitali sui titoli di stato proprio quando il costo del debito
dovrebbe scendere, obbligando ad attuare dunque politiche fiscali molto più restrittive che accentuano il peggioramento del contesto economico finanziario globale. Si è messo in moto quindi il perverso meccanismo per il quale chi non salta ora, perché attua le politiche fiscali richieste, salta dopo che le ha attuate e ha provocato una recessione che rende difficile il riequilibrio della finanza pubblica. Oro, Bund e Treasuries hanno evidenziato in questi nove mesi del 2011 dove e perché i capitali mondiali sono in generale ritirata da tutte le asset class definite a rischio. Ora credo che siamo giunti ad un importante fase di questa crisi che potrebbe determinare un turning point o generare invece un pericoloso avvitamento. Non è interesse di nessuno assistere inermi al break up dell’area Euro perché questo evento avrebbe conseguenze mondiali e trascinerebbe nel caos gli Stati Uniti e di riflesso anche il resto del mondo. La recessione sarebbe una certezza ma il vero effetto conseguente sull’economia mondiale sarebbe la depressione da debito, i cui effetti durerebbero anni a venire. Credo dunque che siano iniziate consultazioni ad alto livello per prepararsi ad un intervento coordinato in caso di peggioramento della situazione. La Germania ha fatto capire alla comunità finanziaria mondiale di non essere disponibile a sostenere da sola il salvataggio dell’Europa. Tutti sono probabilmente interessati ad evitare il disastro e la situazione contingente potrebbe richiedere un credibile e poderoso intervento globale a sostegno dell’Europa. L’intervento potrebbe coinvolgere governi ed stituzioni finanziarie mondiali (Banche Centrali, Fondi Sovrani) con il coinvolgimento delle riserve Cinesi ed asiatiche. Non escludo la possibilità di una estensione della partecipazione al finanziamento dell’EFSF (European Financial Stability Fund) da tali istituzioni, aumentando di fatto la potenzialità d’intervento sui mercati e fornendo le risorse finanziarie per trilioni di Euro. L’impostazione dell’intervento avrebbe l’effetto di far capire che il mondo intero sta intervenendo a sostegno della UE e un intervento di tale entità e con un simile coordinamento avrebbe un impatto devastante sulla speculazione internazionale innescando un forte recupero di borse e credito. I costi di rifinanziamento del sistema scenderebbero drasticamente ed i premi di rischio che oggi banche e stati sovrani sono costretti a pagare sarebbero nettamente ridimensionato. La riduzione dei costi di rifinanziamento agevolerebbe i piani di risanamento a costi sopportabili perché i titoli di stato di molti paesi in difficoltà diventerebbero di
nuovo un quasi risk free asset. Il risultato di tale coordinamento aprirebbe una fase di accelerazione della convergenza fiscale dell’area Euro rendendo irreversibile il processo in corso e innescando una forte ricapitalizzazione di tutto il sistema bancario UE con la partecipazione dei capitali mondiali di Asia e Cina. Le banche UE sarebbero ricapitalizzate con la partecipazione dei Fondi Sovrani di Asia, Dubai, Arabia Saudita, Qatar, Emirati e via dicendo. Nessun paese dell’area UE potrebbe decidere di sottrarsi
all’integrazione ed al controllo della politica economica decentrata a Bruxelles perché il costo di tale rifiuto sarebbe non solo un default ma anche l’esclusione dal mercato dei capitali. La politica avrebbe la scusa di far digerire sacrifici in cambio di una reale protezione dal default e nuove regole di gestione della finanza pubblica sarebbero introdotte in modo rapido. Il processo di integrazione del sistema finanziario mondiale entrerebbe in una nuova fase storica e ripartirebbe il trend di convergenza della periferia UE verso la core Europe, con il conseguente restringimento degli spreads che andrebbe ad invertire il trend del costo del debito per i paesi periferici. Il sostegno finanziario mondiale all’Europa andrebbe ad innescare un forte rialzo delle borse, un incremento dell’attività di M&A a livello internazionale ed una ripresa dell’attività di lending e forse potremmo evitare la recessione imminente o affrontarla con una cintura di protezione abbastanza credibile. Questo intervento avrebbe certamente l’effetto di imprimere una svolta decisa alla crisi attuale e alla percezione del rischio degli investitori. La crescita dell’economia rimarrebbe comunque il problema di fondo ma almeno avremmo rimosso il rischio di un default globale ed il sistema finanziario internazionale avrebbe piu’ tempo a disposizione per proseguire il deleverage in modo ordinato. Una nuova era di disciplinata gestione della spesa pubblica e dei bilanci delle banche potrebbe essere dinnanzi a noi ma questo risultato dipende solo dalla visione strategica dei policy makers e della classe politica internazionale. L’attuale situazione impone quindi una revisione di alcune scelte strategiche attuate negli ultimi mesi e credo non sia più opportuno insistere su un asset allocation troppo bearish. Abbiamo iniziato quindi a ridurre le nostre posizioni su Oro e Bund in cambio di una prudente esposizione su DAX ed Emerging Market. Il timing degli avvenimenti descritti è incerto ma non ritengo al momento opportuno impostare una strategia d’investimento sul disastro globale. Sebbene esistano tutte le condizioni perché possa accadere il peggio esistono comunque ancora margini di manovra per evitarlo e credo che il recente peggioramento della situazione stia imponendo scelte politiche non più rinviabili."