Luca Manca è in pericolo di vita

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gùaz
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Re: Luca Manca è in pericolo di vita

Messaggio da gùaz »

chi non è registrato non può leggere, ci puoi fare un copia/incolla? grazie.
C’è chi si gode la vita, chi la subisce, chi la soffre, il Nasty Donkey la combatte.
B.B.
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bicio
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Re: Luca Manca è in pericolo di vita

Messaggio da bicio »

PZZMRCF4 ha scritto:Ora ci vuole, da parte sua, tanta forza di volontà e paziena, fora Lucaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa :grin: :grin: :grin: :grin:
mi hai tolto le parole di bocca forza luca
gigi la trottola
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Re: Luca Manca è in pericolo di vita

Messaggio da gigi la trottola »

siamo con te
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Re: Luca Manca è in pericolo di vita

Messaggio da Gusbiker65 »

La mia vita in moto perpetuoLuca Manca, la prossima Dakar e il richiamo del desertoVenerdì 26 novembre 2010
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STEFANO SALONE
PORTO TORRES Dove eravamo rimasti? «Al giorno del mio funerale». Rinviato a data da destinarsi. «Anche se, dopo l'incidente all'inizio della sesta tappa della Dakar, qualcuno di voi giornalisti mi aveva già scavato la fossa. Con titoli strappalacrime e foto in prima pagina». Fatica inutile. «Mi voglio troppo bene per farmi male e sono già pronto per risalire su una moto anche in gara».
Correre, correre, correre. Non è semplice passione: è una necessità. Come bere, respirare. «Mi alzo presto la mattina, non sto mai fermo: lavoro, allenamenti, famiglia, organizzo e pianifico ogni mia azione, nei dettagli». Controllore fobico sul pianeta del movimento. Dove tutto va sempre più veloce. E solo il sonno rallenta per allungare il meritato riposo. «Dormo almeno otto ore, vado a letto presto, con Beatrice, mia figlia».
Amore per lei, passione per l'altra, «la mia bambina», sorella maggiore con sella e motore. Il gusto pieno della vita. Della seconda vita di Luca Manca. Il pilota sassarese rinato dopo tre giorni in coma con la morte compagna di stanza nel più grande ospedale di Santiago. Perché se nel cervello hai un grumo di sangue grande quanto un mandarino, devi prima sperare di risvegliarti. Per ritrovare il sorriso di tua madre. «Quando ho aperto gli occhi era lì, felice e impaurita, mi teneva la mano, come se fossi nato in quel momento». Basta figlio mio, basta con questa benedetta moto. E anche il ricordo va veloce per tornare a quel maledetto 7 gennaio di dieci mesi fa. «Ho fatto incidere la data e il nome della tappa su una targhetta». La porta al collo con un laccio di cuoio nero. «È il mio portafortuna».
Non è passato neanche un anno. Ma il richiamo del deserto è come il canto delle sirene in un mare infinito di sabbia e calore. “Sei l'unico italiano che può vincere la Dakar”. Sospesa tra la moto e il cielo, quella voce irresistibile rapisce un Ulisse di terraferma. Moderno navigatore, in sella alla sua Ktm, sulla rotta delle dune scavate dal vento e disegnate da mille giochi di luce. Lui, trent'anni e 92 chili ben distribuiti su un fisico asciutto, non sa resistere: strizza l'occhio con quel sorriso largo e pulito da studente modello e guarda avanti. «Sono quello di prima». Più veloce, se possibile.
Sono trascorsi appena dieci mesi da quel pauroso volo da una moto lanciata a 160 chilometri all'ora sul deserto di Atacama. Ma il pilota sassarese, cancellato solo per caso dalla lista del becchino dopo aver sbattuto la testa sullo sterrato di polvere e pietra dimenticato da Dio e dagli uomini tra il Cile e l'Argentina, accarezza già un altro sogno. «Tra due anni ci riprovo». Ancora la Dakar. «Non devo dimostrare niente a nessuno, vado e faccio quello che mi viene più naturale: guidare la mia Ktm. Se riuscirò a salire sul podio bene, ma corro solo per me stesso. E questa volta voglio arrivare sino in fondo alla gara». Magari anche ultimo in una corsa a tappe massacrante: ottocento, anche mille chilometri al giorno per la versione rivista e corretta della Parigi-Dakar. Inevitabile cimitero di auto, moto. E, spesso, anche di uomini amanti del rischio e degli sport estremi. «Non ho mai pensato neanche per un istante di morire nel deserto. Se un pilota si prepara bene deve sapere sempre come cadere dalla sella: è stato il mio primo incidente in carriera e non mi sono rotto neppure un dito». Un dito magari no. Ma tra l'edema cerebrale, il polmone destro schiacciato e «un osso della scapola che non è più tornato a posto anche se non mi fa male», il conto di quella maledetta sesta tappa della Dakar avrebbe sbancato chiunque. Ma non lui. Che smentisce le certezze di medici e meccanici («ha rimosso tutto, dell'incidente non ricorda nulla») e parla dell'errore commesso. «Sono partito troppo veloce sullo sterrato perché dovevo recuperare posizioni». Dopo una decina di chilometri una sbandata. «Quando la ruota posteriore della Ktm ha superato quella anteriore, mi sono lanciato dalla moto per non restare schiacciato». Poi l'impatto a terra, il buio e il lento risveglio in un lettino del reparto di rianimazione dell'ospedale di Santiago. «Ma il passato non conta niente». Oggi non esiste più.
La ruggine si mangia il cancello verde della fabbrica di materiale per imballaggi dove Luca Manca lavora. Lentissima, la barriera di ferro si ritira cigolando e apre il passaggio verso il deposito di un piazzale anonimo nella zona industriale di Porto Torres. Il ricordo dell'incidente resta appeso a metà, ma la confessione riprende dentro uno stanzino stretto e invaso da scatole di cartone. Mentre fuori da quel buco di tranquillità rubato a una fabbrica molto rumorosa, la catena di montaggio taglia le bobine di carta e cuce i sacchi destinati a contenere cemento e mangime per animali. «Sono un operaio da mille euro al mese nell'azienda del padre di Giuliana, la mia compagna. Lavoro tutti i giorni e corro in moto su sabbia e dune solo tre volte la settimana: il resto sono pesi, palestra, ginnastica». Correre, correre, correre. «Mi preparo per il 2012. La Dakar di un privato costa centomila euro: se voglio riprovare, devo risparmiare e trovare molti sponsor. Non ho una Ktm ufficiale, né un team che mi segue. Sono operaio anche nello sport». Particolare non proprio insignificante: chi ha la fortuna di guidare una moto ufficiale ha poche spese e meccanici personali, sarti di cilindri e pistoni, spesso strapagati, che costruiscono e montano pezzi su misura per esaltare questa o quella dote del pilota. «Io invece devo arrangiarmi con un occhio al portafoglio e una speranza: la selezione non la fa solo il denaro, ma anche il deserto». Che non guarda in faccia a nessuno. «Va capito. Solo ascoltandolo mentre le ruote scavano la sabbia riesci a venirne fuori senza danni». Se prima non ti uccide lui. «Non ho paura della morte, la vedevo e la vedo come un evento futuro da vivere con serenità. Con la serenità tipica che ha chi lavora molto e guadagna poco». Più facile aver paura della vita. «La mia è un misto di rumore e silenzio».
Che rumore fa il deserto?
«Un ronzio infernale, quello del motore della Ktm: non ti abbandona mai. È come avere un trapano nel cervello, anche se hai i tappi nelle orecchie».
Che rumore fa il silenzio?
«È importante, serve per ritrovare un po' di serenità mentale».
Dopo intere giornate di sterrati in solitudine.
«Non mi sento mai solo: ho sempre con me gli apparecchi di navigazione che segnano note e punti di pericolo. Con loro, le ore corrono. Come i chilometri».
E quando scappa la pipì?
«Me la faccio addosso come Beatrice, non puoi mica perdere tempo. Un minuto può valere dieci posizioni».
Ma il deserto è un amico o un nemico?
«Un nemico che ti costringe a usare la testa e un amico che ti aiuta a non avere incidenti. Bisogna prima battere lui e poi, a fine giornata, guardare la classifica per vedere se sei riuscito a superare anche gli altri avversari».
Uno su tutti, la paura. «È un alleato prezioso perché chi non la conosce non vince. Io non rischio mai. Sono nato con la moto incollata sotto il sedere, sono caduto tante volte quand'ero bambino, ma una cosa l'ho imparata subito: se in gara vai oltre i tuoi limiti, se ti lasci prendere la mano, insomma se non hai paura, al secondo giorno sei fuori». E non sempre porti a casa la pellaccia. «Non mi risparmio mai, vado al massimo, ma so che nel deserto come a casa mia c'è qualcuno più bravo di me». Serena autocritica. «Sono molto severo e duro con me stesso, consapevole che la mia vita è una sequenza di eventi straordinari». Dove non c'è posto per l'ansia da prestazione. «Non è un disagio fisico, ma solo un fastidio mentale perché hai paura di non essere preparato al massimo delle tue possibilità». Con una moto per amico. «Anche lei ha una sua identità. Se la sai ascoltare ti parla come un uomo e bisogna imparare a capirla, a ragionarci. Con lei dimentico i problemi, le preoccupazioni, con lei mi posso abbandonare e godere».
Quasi un piacere fisico, la donna dei tuoi sogni. «Guidare la moto è relax completo, ti dà la stessa tranquillità di stare seduto al buio, da solo, senza rumori». Ma resta una passione. «L'amore è Giuliana, l'amore è Beatrice: sono loro che mi hanno aiutato dopo l'incidente». Magari lassù c'è qualcun altro. «Quando incontrerò Dio gli chiederò se ha messo una parola buona anche lui». E sulla lapide due righe con un verbo ripetuto tre volte. “ Correre, correre, correre, guardando sempre davanti ”. Luca Manca: una vita in moto perpetuo.



Eccomi.... lui diciamo e un compaesano di Sfionki :saltellav:
Gusbiker65
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Re: Luca Manca è in pericolo di vita

Messaggio da Gusbiker65 »

Nel 2012 ci vuole riprovare :grin: :grin: :grin:
gigi la trottola
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Re: Luca Manca è in pericolo di vita

Messaggio da gigi la trottola »

sollievo..grande luca..
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Franco
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Re: Luca Manca è in pericolo di vita

Messaggio da Franco »

....e grandi insegnamenti per tutti ;-)
mv910s_s
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Re: Luca Manca è in pericolo di vita

Messaggio da mv910s_s »

forza luca non mollare...
Per Sognare Basta poco, ma per sognare ad occhi aperti,basta essere MVuisti...
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